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Pubblicata il: luglio 18, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesia dialettale centro Italia | Totali visite: 1278 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Luca Ricci
LIBERTAS
Segùro le riavrà, ci pòi scommètte!
Nell'èra che der verde c'è rispetto
a Lucca si discute di rimètte
le frasche tutto 'ntorno allo scudetto
e anco la 'orona "originale"
così che torni vello d'una vòrta1
Ni si levón perché ci stavin male
e 'r peso 'n sulla testa un si sopporta
"Fui libbero Comune, io largóne
e libbera Repubbrica seguendo
Ne' principi ne' duchi èbbin ragione"
Io della storia pògo me ne 'ntendo
ma dìo la mia pe' sciòglie 'sto dilemma
LIBERTAS2 c'era scritto 'n sullo stemma
1 Cfr. Paolo Pacini, Il caso: La città riavrà il suo stemma coronato, "La Nazione", Lucca mercoledì 09 settembre 1998; L'opinione di uno dei massimi esperti di araldica: "Sullo stemma di Lucca deve tornare la corona", in "La Nazione", Lucca 12 novembre 1998.
2 "Per il Mazzarosa, dunque, e per il patriziato lucchese, l'indipendenza era un valore distinto dalla "libertà", anche se ne costituiva la premessa. Salvare l'indipendenza era pur sempre qualcosa, perché si evitava che Lucca dipendesse da un'altra città e con ciò si salvava ancora, nonostante la trasformazione della repubblica in principato, una certa "libertà". Perché la libertas, che era divenuto il motto che ornava gli stemmi della città, non era altro per i lucchesi che la libertà di autogovernarsi con le proprie leggi, ossia secondo le leggi che dal Cinquecento assicuravano il predominio di un'aristocrazia di origine mercantile. La libertà comunale si era venuta trasformando da governo di popolo in reggimento di classe, di quella classe appunto che poteva garantire la quiete interna ed esterna, condizione essenziale di indipendenza." Pier Giorgio Camaiani, Mentalità civile e religiosa, in Dallo stato cittadino alla città bianca. La "società cristiana" lucchese e la rivoluzione toscana, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1979, p.30. |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
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Veranio carissimo e tu Fabullo mio,
che al seguito di Pisone, privi di tutto,
vi portate appresso le vostre quattro cose,
come state? Vi ha fatto sopportare tutto,
il freddo, la fame, vero, quella canaglia?
Dite, segnate pure voi i profitti in perdita,
come ho fatto io, seguendo il mio pretore,
che registro a profitto soltanto le spese? |
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