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Pubblicata il: giugno 19, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesia italiana | Totali visite: 1983 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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E' si vedeva tante spade e mane,
tante lance cader sopra la resta1,
e' si sentia tante urle e cose strane,
che si poteva il mar dire in tempesta.
Tutto il dì tempellòron le campane,
senza saper chi suoni a morto o festa;
sempre tuon sordi con baleni a secco,
e per le selve rimbombar poi Ecco.
E' si sentiva in terra e in aria zuffa,
perché Astarotte, non ti dico come,
e Farfarello2 ognun l'anime ciuffa:
e n'avean sempre un mazzo per le chiome,
e facean pur la più strana baruffa,
e spesso fu d'alcun sentito il nome:
- Lascia a me il tale! a Belzebù lo porto. -
L'altro diceva: - È Marsilio ancor morto? -
E' ci farà stentar prima che muoia.
Non gli ha Rinaldo ancor forbito il muso,
chè noi portiam giù l'anima e le cuoia. -
O ciel, tu par questa volta confuso!
O battaglia crudel, qual Roma o Troia!
Questa è certo più là che al mondano uso.
Il sol pareva di fuoco sanguigno,
e così l'aire d'un color maligno.
Credo ch'egli era più bello a vedere
certo gli abissi il dì, che Roncisvalle:
ch'e' saracin cadevon come pere,
e Squarciaferro gli portava a balle;
tanto che tutte le infernal bufere
occupan questi, ogni roccia, ogni calle
e le bolge e gli spaldi e le meschite,
e tutta in festa è la città di Dite.
Lucifero avea aperte tante bocche,
che pareva quel giorno i corbacchini
alla imbeccata, e trangugiava a ciocche
l'anime, che piovean, de' saracini
(che par che neve monachina fiocche),
come cade la manna a' pesciolini:
non domandar se raccoglieva i bioccoli,
e se ne fece gozzi d'anitroccoli!
E' si faceva tante chiarentane3,
che ciò ch'io dico è, disopra, una zàcchera4:
e non dura la festa mademàne,
crai e postcrài e postcrìgno e posquàcchera,
come spesso alla vigna le Romane;
e chi sonava tamburo, e chi nàcchera,
baldósa e cicutrénna5 e zufoletti,
e tutti affusolati gli scambietti.
E Runcisvalle pareva un tegame
dove fussi di sangue un gran mortito,
di capi e di peducci e d'altro ossame,
un certo guazzabuglio ribollito,
che pareva d'inferno il bulicàme,
che innanzi a Nesso non fusse sparito;
e 'l vento par certi sprazzi avviluppi
di sangue, in aria, con nodi e con gruppi.
E la battaglia era tutta paonazza,
sì che il mar Rosso pareva in travaglio.
Luigi Pulci, da Morgante - Runcisvalle -
(1)resta: ferro sul lato destro dell'armatura
(2)Astarotte... Farfarello: i due diavoli che
erano entrati nei cavalli di Rinaldo e di Ricciardetto
(3)chiarentane: danze
(4)zacchera: bazzecola
(5)baldosa e cicutrenna: due strumenti musicali |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
Con gli occhi alla pioggia e agli elfi della notte,
è là, nel campo quindici a Musocco,
la donna emiliana da me amata
nel tempo triste della giovinezza.
Da poco fu giocata dalla morte
mentre guardava quieta il vento dell'autunno
scrollare i rami dei platani e le foglie
dalla grigia casa di periferia. |
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