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Pubblicata il: giugno 19, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie del 800 | Totali visite: 2025 | Valorazione:     
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Or che il cucco forse è vicino,
mentre i peschi mettono il fiore,
cammino, e mi pende all'uncino
la spada dell'agricoltore.
Il pennato porto, ché odo
già la prima voce del cucco...
cu... cu... io rispondo a suo modo:
mi dice ch'io cucchi, e sì, cucco.
Sì, ti cucco, vite, ché sento
già nel sole stridere l'api:
ti taglio ogni vecchio sarmento,
ti lascio tre occhi e due capi.
O che piangi, vite gentile,
perché al vento stai nuda nata?
Se anch'io tra i fioretti d'aprile
sembravo una vite tagliata!
Piangi quello che ti si toglie?
Ma ti cucco, taglio ed accollo,
perché, quando cadon le foglie,
tu abbia un tuo qualche grispollo!
O mia vite... no, o mia vita,
così torta meglio riscoppi!
E poi... com'è buono, alle dita,
l'odore di gemme di pioppi!
E parlare, ritto su loro,
col venuto di là dal mare,
chiedendogli, in mezzo al lavoro,
quant'anni si deve campare! |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
Che il tuo sonno
sia come quello dei fanciulli
e il risveglio
ti ponga sulle labbra
un sapore di miele. |
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