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Pubblicata il: giugno 19, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie del 800 | Totali visite: 2193 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Il passato obliar, veder sagace
in un dolce avvenir, forse non vero
ma che rinnova quanto è più fallace...
BONTEMPELLI: Egloghe ("Le Compagne")
I.
Poeta, or che più lieto arride Maggio
ritornerai al verde nido ombroso
"con Quella che d'Amor ti tiene ostaggio".
E lieto più che mai ti sia il riposo
però che al tuo fratello hai dato il bene
del libro salutifero e gioioso.
Il senso della Vita alle mie vene
ritorna ed alla mente il dolce lume
e fuggonsi i fantasmi di mie pene
se vado rileggendo il tuo volume.
II.
Ma tu non sa ch'io sia: io son la trista
ombra di un uomo che divenne fievole
pel veleno dell'"altro evangelista".
Mia puerizia, illusa dal ridevole
artificio dei suoni e dagli affanni
di un sogno esasperante e miserevole,
apprestò la cicuta ai miei vent'anni:
amai stolidamente, come il Fabro,
le musiche composite e gl'inganni
di donne belle solo di cinabro.
III.
Or troppo il sole aperto mi commuove
tanto fui uso alla penombra esigua
che avvolgon le cortine delle alcove.
Tu mi richiami alla campagna irrugua?
Troppo m'illuse il sogno di Sperelli,
troppo mi piacque nostra vita ambigua.
O benedetti siate voi, ribelli,
che verso la salute e verso il vero
ritemprate le sorti dei fratelli.
Per me nulla tentar. Più nulla spero.
IV.
Me non solleverai. Forse già sono
troppo malato e forse più non vale
temprarmi alle terzine del tuo dono.
Però senti e rispondimi: già un tale
morbo tenne te pur? Tu pur malato
fosti e guaristi del mio stesso male?
Sorella Terra dunque t'ha sanato?
Io pure ne andrò a lei, ma le mie smorte
membra distenderò, come il Beato,
per aspettare la sorella Morte.
L'Antenata
Nel fino cerchio di chelonia e d'oro -
ove un ignoto artefice costrinse
il bel sembiante, poi che lo dipinse
sopra l'avorio, con sottil lavoro -
per qual virtù la dama antica avvinse
il pallido nipote? In qual tesoro
di sogni fu che il giovinetto attinse
la mestizia più dolce dell'alloro?
L'Ava mi guata. - Nella manca ha un giglio
di stile antico; la sua destra posa
sopra il velluto d'un cuscin vermiglio.
Nïuna dolcezza è nell'aspetto fiero:
emana dalla bocca disdegnosa
l'orgoglio, la tristezza ed il mistero.
Il viale delle Statue
...le bianche antiche statue
acefale o camuse,
di mistero soffuse
nelle pupille vacue:
Stagioni che le copie
dei fiori e delle ariste
arrecano commiste
entro le cornucopie,
Diane reggenti l'arco
e le braccia protese
e le pupille intese
verso le prede al varco,
Leda che si rimira
nell'acque con il reo
candido cigno, Orfeo
che accorda la sua lira,
Giunone, Ganimede,
Mercurio, Deucalione
e tutta la legione
di un'altra morta fede:
erme tutelatrici
di un bello antico mito,
del mio tedio infinito
sole consolatrici,
creature sublimi
di marmo, care antiche
compagne e sole amiche
dei miei dolci anni primi;
ecco: ritorno a Voi
dopo una lunga assenza
senza più vita, senza
illusïoni, poi
che tutto m'ha tentato,
tutto: anche l'immortale
Gloria, e il Bene ed il Male,
e tutto m'ha tediato.
La bisavola mia
voi già consolavate
ed ora consolate
pur la malinconia
del pallido nipote.
Parlategli dell'Ava
quando pellegrinava
nell'epoche remote
recando i suoi affanni
per questi stessi viali
all'ombre sepolcrali,
or è più di cent'anni.
È certo che la stessa
mia pena la teneva
però che un senso aveva
fine di poetessa.
Soltanto a dolorare
veniva a questa volta
oppure qualche volta
piacevale rimare
cantando il suo dolore
tra Voi, erme, lungh'essi
i bussi ed i cipressi,
e il suo lontano amore?
Era la sua figura
meravigliosa e fina,
la bocca piccolina
qual nella miniatura?
Divisi i bei capelli
in due bande ondulate
siccome le beate
di Sandro Botticelli?
Aveva un peplo bianco
di seta adamascata
e che la grazia usata
apriva un po' di fianco?
(In vano l'apertura
fermavan tre borchiati
finissimi granati,
ché la camminatura
lenta scopriva all'occhio
il polpaccio scultorio
e la gamba d'avorio
fino quasi al ginocchio.)
Portava un cinto a belle
Meduse in ciel sereno
che costringeva il seno
fin sopra delle ascelle?
Ed ostentava i bei
piedini incipriati
da i diti costellati
di gemme e di cammei?
Io rivedo così la solitaria
lenta innalzare ancora tra gli spessi
mirti e fra l'urne e l'erme ed i cipressi
la candida persona statuaria.
I fauni si piegavano a guatarne
cupidi la bellezza; al suo passare
volgevansi le iddie, a riguardare
la sorella magnifica di carne.
Ma non sempre fu sola. Un dì riscosso
sembrò il ricordo delle antiche larve:
la Poetessa in quel mattino apparve
tutta vestita di broccato rosso.
Anche recava, contro il suo costume,
due rose rosse nelle nere chiome:
lucevan le pupille azzurre come
rinnovellate da inconsueto lume.
Scende nel parco e pone sovra un coro
due libri: Don Giovanni e Parisina.
Poi trascolora: un'ombra s'avvicina
fra i boschetti del mirto e dell'alloro.
Chi viene? Ecco nel folto delle verdi piante
un giovane bellissimo avanzare
(Anima, non tremare, non tremare.)
ed il suo passo è un poco claudicante.
Chi viene dunque ai sogni ed all'oblio?
(Anima, non tremare, non tremare.)
Ha l'iridi color di verde mare;
nelle sembianze è simile ad un dio.
È Lui, è Lui che vien per la maestra
strada dei lauri. Or ecco, è già da presso
(ed era questo il luogo? questo stesso?)
Vedo già l'Ava porgergli la destra
e il Poeta ribelle dei Britanni
la bianca mano inchinasi a baciare
(Anima, non tremare, non tremare)
fra questi bussi... Or è quasi cent'anni.
Il frutteto
Anche né malinconico né lieto
(forse la consuetudine assecondo
cara d'un tempo al bel fanciullo biondo)
oggi varco la soglia del frutteto.
Ah! Vedo, vedo! Come lo ravviso!
È bene questo il luogo; in questa calma
conchiusa, certo l'intangibil salma
giacque per sempre dell'amor ucciso,
del vero antico Amore ch'io cercai
malinconicamente per l'inquieta
mia giovinezza, la raggiante mèta
sì perseguìta e non raggiunta mai.
Or mi soffermo con pupille intente:
le cose mi ritornano lontano
nel Tempo - irrevocabile richiamo! -
mi rivedo fanciullo, adolescente.
O belle, belle come i belli nomi,
Simona e Gasparina, le gemelle!
Pur vi rivedo in vesta d'angelelle
dolce-ridenti in mezzo a questi pomi.
Ed anche qui le statue e le siepi
ed il busso ribelle alle cesoie.
(Natali dell'infanzia, o buone gioie,
quando n'ornavo i colli dei presepi!)
Ma sull'erme, sui cori, sopra il busso
simmetrico, sui lauri, sugli spessi
carpini, sulle rose, sui cipressi,
sulle vestigia dell'antico lusso
da cento anni un folto si compose
di pomi e peri; il regno statuario
ricoperse; nel florido sudario
sfiorirono le siepi delle rose;
nell'ombre il musco ricoperse i cori
curvi di marmo intatto (l'Antenata
non vede lo sfacelo, contristata?)
e nell'ombre languirono gli allori.
Son l'ombre di una gran pace tranquille:
il sole, trasparendo dall'intrico,
segna la ghiaia del giardino antico
di monete, di lunule, d'armille.
M'avanzo pel sentiero ormai distrutto
dalla gramigna e dal navone folto;
ascolto il gran silenzio, intento, ascolto
il tonfo malinconico d'un frutto.
Ma quanti frutti! Cadono in gran copia
in terra, sui busseti, sui rosai:
sire Autunno, quest'anno come mai,
munifico vuotò la cornucopia.
O gioco strano! Pur nella faretra
di Diana cadde una perfetta pera,
così perfetta che non sembra vera
ma sculturata nell'istessa pietra.
Il frutto altorecato assai mi tenta:
balzo sul plinto, il dono della Terra
tolgo alli acuti simboli di Guerra,
avvincendomi all'erma sonnolenta.
S'adonta ella, forse, ch'io la tocchi,
l'erma dal guardo gelido e sinistro?
(il tempo edace lineò di bistro
le palpebre lapidee delli occhi).
Ma un sorriso ermetico, ha la faccia
attirante, soffuso di promesse,
- O miti elleni! - s'ella mi stringesse
d'improvviso, così, tra le sue braccia! -
E tolgo e mordo il frutto avventurato
e mi pare di suggere dal frutto
un'infinita pace, un bene, tutto
tutto l'oblio del tedio e del passato.
Ma guardo in torno. Vedo teoria
d'erme ridenti in loro bianche clamidi,
ridendi tra le squallide piramidi
del busso. - Torna la malinconia:
Ridevano così quando mio padre
esalò la grande anima e pur tali
(udranno allor le mie grida mortali?)
sorrideranno e morirà mia madre.
Ridevano così che nella culla
dormivo inconsapevole d'affanno:
implacabili ancor sorrideranno
quando di me non resterà più nulla. |
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