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Pubblicata il: giugno 19, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie del 800 | Totali visite: 1757 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Serrati i pugni bianchi come cera
giace supino in terra arrovesciato
e la faccia pel rivo insanguinato
è quasi nera.
Con orrido rilievo l'apertura
della ferita tutto il sangue aduna
su la nuca, sul collo, su la bruna
capellatura.
Giace supino. E non sembra dolere
la bella bocca. Quasi ch'Egli avvinga
ancor la Donna e la sua bocca attinga
tutto il piacere.
Due lumi sopra un cofano. Quei lumi
rischiarano il silenzio sepolcrale:
allineati stan nello scaffale
mille volumi
che alluminava un mastro fiorentino
d'orifiamme e d'armille in cento nodi.
Aperti sul divano soni i "Modi"
dell'Aretino
e sul divano è un guanto che rimosse
qui, nell'entrar, la Donna del Convito
ed un mazzo sfasciato ed avvizzito
di rose rosse.
Guata con gli occhi di mestizia pieni
in capo al letto sull'arazzo infisso
dolentemente immoto il crocifisso
di Guido Reni.
Notte e silenzio intorno. Tutto tace.
Come in un sogno d'armonia perplessa
al Poeta ventenne è già concessa
l'ultima pace. |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
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il dardo che nella punta
aveva il destino di morte, intriso
nel sangue... e nella bile,
per i dolori dell'Idra, che gli uomini uccide, |
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