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Pubblicata il: gennaio 20, 2014 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie del 900 | Totali visite: 4122 | Valorazione:     
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Cesare Pavese
IL VINO TRISTE
La fatica è sedersi senza farsi notare.
Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate
e ritorna la voglia di pensarci da solo.
Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii,
ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo
esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro
(l’uomo solo non può non pensare al lavoro)
ridiventa l’antico destino che è bello soffrire
per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano
a mezz’aria, dolenti, come fossero ciechi.
Se quest’uomo si rialza e va a casa a dormire,
pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque
può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi.
Può sbucare una donna e distendersi in strada,
bella e giovane, sotto un altr’uomo, gemendo
come un tempo una donna gemeva con lui.
Ma quest’uomo non vede. Va a casa a dormire
e la vita non è che un ronzio di silenzio.
A spogliarlo, quest’uomo, si trovano membra sfinite
e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe
che in quest’uomo trascorrono tiepide vene
dove un tempo la vita bruciava? Nessuno
crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze
su quel corpo e baciato quel corpo, che trema,
e bagnato di lacrime, adesso che l’uomo
giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme. |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
A Roma non c'è più posto per un lavoro onesto,
non c'è compenso alle fatiche;
meno di ieri è ciò che oggi possiedi e a nulla
si ridurrà domani;
per questo ho deciso di andarmene
là dove Dedalo depose le sue ali stanche, |
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