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Pubblicata il: luglio 23, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie inedite | Totali visite: 2188 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Storia di Mirella e di Fabiano
Livorno, città d'amor sconnesso
nervosa fra le schiume dei suoi moli,
anche a mar che neanche si solleva.
Piatto in calma di bonaccia,
l'umor arride in solo dal notturno
al calor d'eterno sole che scompare.
Nel borgar d'intorno
che costringe centro e piazza,
anime senz'ossa e senza nome
si snodano silenti
tra i mattoni e le immondizie,
attente a non pestar per voglia
o mera incuria,
la pelle di chi già
si è perso addietro.
Lei, Mirella,
d'anni erosa fino a contar settantaquattro
e le sue quattro mura,
inlieto condominiar
dove tutti nulla sanno,
ma conoscono chiunque.
Nel salir le poche scale
risuonano stonate le bottiglie,
tra olii e birre mescolando
vari suoni.
Ma in un'anima miseria
il sole sparge le sue spighe
quando il profumo della casa
vuol dir ritorno al figlio solo, unico,
e l'entrar vedendo le sue labbra
o il chiamar di pronto alla fessura,
e poi aprire la tortura
per abbracciar di nuovo il figlio
e finalmente.
Fabiano, lui, il figlio, il solo.
Ma son giorni che non apre
e di chiave serve che s'adopri
per varcar la soglia d'ogni sogno
mentre fuori
tutto ingoia nervi
e non si duole.
Malodor, si dice da piu' parti,
seppur tra tanti
c'e' chi vince l'egoismo e s'avvicina.
Ma lei, Mirella
e lui, Fabiano,
unico figlio,
per quarantaquattro volte in cuore festeggiato,
han scelto un mondo strano,
un'esistenza fuor dalla ragione
ma che ragione e'
per il valor di amarsi molto
d'animo controrto.
Isolar e' dunque convinzione volontaria
di ragione.
Non contatto alcuno, vicini, parenti,
ma solo isolamento.
Ed il custodir prezioso di natura
respinge anche le visite sensate di chi fratello e zio
s'avvera per capire che succede;
perche',
se madre uguale ha generato
e per di piu' si vive di rimpetto!
Lei, Mirella, non apre
ed al marito morto addietro
ringrazia della forza e la tenacia.
Qualcun che ha visto dice
che insolubile e' il legame
tant'e' che madre e figlio
non furon visti senza l'altro,
comunque insieme presto alla mattina,
tra i mercati della spesa.
Null'altro, il resto.
Nessuno vide mai.
E mai parola con nessuno.
I vicini narran di un morboso
rapportar di affetto
ed un figlio mai cresciuto
o ancor cresciuto nell'ingombro iperprotetto,
quasi in gabbia custodito
per timore.
Un'altra voce afferma
che da milite quel figlio fu spostato,
per ragion di logica banale,
e loro, genitori,
Mirella e il suo consorte,
accompagnarono quell'anno
vivendo sempre accanto,
nella citta' di cui fu milite
Fabiano.
Nel salir le scale
risuonano stonate le bottiglie
e la chiave ormai ruota nella toppa,
perche' al suonar non v'e piu' eco
che risponda.
Cosi', con tragica pazienza,
Mirella chiama a soccorrer di dottore,
per uno strano senso di dolore:
"Io e mio figlio non stiam bene, accorrete".
Venti giorni a porta muta
e chiavi nella toppa,
che strano ardir di tale figlio,
e forse ugual stranezza
nel mercato ormai da sola,
quasi sempre d'alba uscita
e non risposta per alcuno.
I volontari entran per l'androne
di bianco ricoperti e croci rosse,
a lenir di umile servizio
il dolore di chiunque.
Ma lo scenar e' insolito e tremendo.
Lui, disteso al pavimento
nella camera del letto,
escluso dal suo corpo decomposto
ma coperto da federe e lenzuoli,
un fazzoletto bianco sul suo volto.
Ovunque sporcizia,
tracce musicali in numero di mille,
e Padre Pio e Madonne
un po' dovunque.
Arrivano gli agenti,
Mirella entra nel bagno
chiudendosi la porta oltre le spalle.
Chi entra
trovera' Mirella
stesa a terra,
stroncata dal suo mal
di troppo amore.
Il giornale scrisse il giorno dopo:
"Ha vegliato la salma del figlio
per almeno venti giorni,
in casa, come se quel corpo
avesse ancora un battito di vita.
Poi quando ha capito
che tutto era finito,
il suo cuore non ha retto
ed è morta. Tragedia a Livorno"
(Da "Il Tirreno" del 2 Febbraio, 2003) |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
Il corruscante cielo d'Oriente
a gran distesa lodano gli uccelli,
Aurora arrossa i bianchi capitelli
sul tempietto di Leda, intensamente.
Tolgon commiato tra le faci spente
gli ospiti stanchi. Un servo aduna i belli
fiori che inghirlandano i capelli
e li gitta allo stagno, indifferente. |
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