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Pubblicata il: luglio 17, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie inedite | Totali visite: 1502 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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VIII
L’OPERAIO ARI
Ti chiedi, tu che non puoi aver ragione
e l’esile palpebra si permette
sola di gettar un sollievo, o scatto
o diniego che non si scorga:
“Quando il mio tempo a venire?
Quando a premio potrò salire?”
E si chiude uguale, ogni giorno come il primo.
Ti germoglia in cuore, ma è falce
per la mietitura e non raccolto
che incolta, la parola è secca in gola.
Ma indaghi e ti si scopre
irascibile il labbro sghembo che ci parla
del tuo malumore, senza mai aver cagione.
Sovente ti preda il difetto
è vero, e a malincuore
ti porgi a buona stima
quel che vedi come sola spiegazione.
Eccoti ancora quel che eri, stesso frutto
e mai più quel che avevi.
E guardi, tu di nessuna veggenza
a chi porta cerimoniale l’abito scuro;
vai a quel comune passato d’inizio,
di logica e doverosa conoscenza compiuta
nelle mani sostenute e unte.
Ti sorride e viene salato, il ricordo che tiene.
Marco Cesare Rei |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
Pe' verdi colli, da' cieli splendidi,
e ne' fiorenti campi de l'anima,
Delia, a voi tutto è una festa
di primavera: lungi le tombe! |
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