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Pubblicata il: giugno 12, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Racconti inediti e/o celebri | Totali visite: 861 | Valorazione:     
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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"Le ossa si sono rinsaldate con una celerità veramente impressionante,
la ferita lacero-contusa alla testa si è richiusa nella sua interezza,
ogni ematoma riassorbito totalmente", mentre diceva tutto ciò il
dottore, fermo nelle sue convinzioni, sorrideva radioso e quel sorriso
riverberava magicamente nel candore del camice.
"Diciamo che la sorpresa è tanta, intendo per la sua guarigione
ovviamente… oltre ogni più rosea aspettativa". Si interruppe, mi guardò
come se si attendesse da me una qualche parola.
Fu per questo che mi sentii costretto ad esclamare "Bene!" ma poi non
fui in grado di dire altro. La sua perplessità durò una frazione di
secondo. Diede uno sguardo rapido alla cartella, alle radiografie e
all'esito delle varie analisi.
"Inutile aggiungere che la sua permanenza in clinica può ritenersi qui
conclusa" e rise sotto i sottili baffi neri. Gli occhi restarono invece
fissi su di me, quasi che cercassero di cogliere sul mio volto un segno.
Nascosi, come di solito mi capita, il leggero imbarazzo con uno
sbadiglio. Deglutire di fronte a qualcuno, con il movimento sussultorio
del pomo d'Adamo, significa parlare a chi ti sta di fronte delle tue
emozioni. Lo sbadiglio ha una gamma più estesa di significati. Lo
sbadiglio è un ottimo metodo per ingannare…
"Credo che lei abbia bisogno di ritrovare se stesso… Vada a casa, si
faccia una bella dormita e ricominci a vivere. Sappia sempre che da
questo incidente lei è uscito come un miracolato. Non so se lei, signor
T., fra le altre cose, sia anche un credente. Faccia questo, comunque:
entri nella prima chiesa che incontra e accenda un cero di
ringraziamento. Lassù qualcuno la ama!".
"Grazie, dottore, vedrò di farlo", risposi. Mi invitò con cortesia ad
uscire dal suo studio, non senza avermi teso la destra in segno di
saluto. Poi, prima di chiudere la porta, chiamò Augusta e mi fece
accompagnare in camera per raccogliere le mie cose.
"Augusta, addio!" scherzai improvvisamente colto da un repentino moto di
ebbrezza. "E' stato un vero piacere fare la tua conoscenza, nonostante
le circostanze non fossero poi così…, come dire…".
L'infermiera arrotolò attorno all'indice una ciocca dei capelli biondi,
sbattendo violentemente le palpebre dipinte d'azzurro. La sua figura
longilinea, alquanto piacente, mostrava nei modi bruschi una certa
decisione, a dispetto dei suoi diciannove anni.
"…poco piacevoli, giusto", continuai avendo trovato nella sua
espressione il senso di quella mia frase. "Spero che un giorno noi…, ci
si possa rincontrare ecco. Anzi…" e finsi di cadere assorto in un
qualche pensiero, "…stavo riflettendo sul fatto che magari, in
settimana… una cenetta da me… Non vorrei, però, che la cosa sia mal
interpretata, quindi… Mah, non so…".
Augusta sembrava essere intransigente sulla questione: "Non credo sia il
caso", esclamò in tono risoluto, abbandonando con noncuranza la ciocca
di capelli e afferrando la valigia che giaceva sul letto. Poi tirò un
lungo sospiro ed il camice si allargò all'altezza del petto, mentre sul
suo viso si dipingeva un grosso sorriso di circostanza.
Capii che non era il caso di insistere ulteriormente. "Allora, mia cara
Augusta, non mi resta che dirti addio. Al massimo, so dove trovarti. Non
hai intenzione di trasferirti, vero?" e accompagnai la domanda con
un'espressione scherzosa del viso, che lei colse immediatamente e che
liquidò con un perentorio "A lei piace sempre scherzare!" e con
un'occhiata che mi parve di rimprovero o, forse, di compatimento.
Mi porse la valigia e mi accompagnò all'uscita della clinica. Finalmente
libero, dopo dodici interminabili mesi di prigionia! Prima di
scomparire definitivamente nel parchetto, diedi un ultimo sguardo a
quella graziosa fanciulla che si era occupata di me nel corso del mio
ricovero. "Che dolce creatura", pensai, e a quel pensiero mi venne da
ridere.
"Vita, a noi due!" e la clinica scomparve rapidamente dietro il pesante
cancello, ingoiata dalle fronde dei pini del parchetto, sotto una
pioggerella fine ma fastidiosa. |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l' aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l' acqua che d' improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d' argento che ti nasce. |
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