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Pubblicata il: settembre 05, 2013 | Da: Redazione
Categoria: Poesia anglosassone | Totali visite: 10421 | Valorazione

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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
Edgar Allan Poe
Boston, 19/01/1809 Baltimora, 07/10/1849

LA VALLE DELL’ INQUIETITUDINE

Un tempo sorrideva silenziosa
una piccola valle dove nessuno più abitava:
la gente era partita per le guerre,
affidando ai miti occhi delle stelle la notte,
dalle alte torri azzurre, la custodia
di quei fiori, sopra i quali, per tutto il giorno,
pigramente indugiava la rossa luce del sole.
Ora invece al viandante che di lì passasse
si mostrerebbe il tristo stato di quella valle.
Nulla è ora lì che stia senza un moto:
nulla, tranne l'aria che immobile sovrasta
su quella magica solitudine.
Oh, non un soffio più sommuove quelle fronde,
che ora palpitano come gelide onde
d'intorno alle nebbiose, lontane Ebridi!
Oh, non un vento sospinge quelle nuvole,
che con gravezza si spostano nel cielo inquieto,
dal chiaro mattino fino a sera,
sui fitti campi delle viole non colte -
miriadi d'occhi umani d'ogni foggia -
e sui gigli che ondeggiano e gemono
sopra una tomba che non ha nome!
Ondeggiano: dalle cime profumate
rugiade cadono in gocciole immortali.
Gemono: dagli steli delicati
discendono gemme d' eterne lacrime.


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Dal terrazzo che spazia su due case mi affaccio sulla strada sottostante. Osservo, ed ascolto suoni e rumori di una notte un poco diversa; intercalato ai suoni usuali domestici percepisco una musica da festa:

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