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Pubblicata il: giugno 19, 2013 | Da: Redazione
Categoria: Poesia italiana | Totali visite: 1395 | Valorazione:

Occhio al medio ambiente | Invia per per e-mail

  
Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
Quando il grano
indorerà la collina
d'altri sarà non mia

Tutto si chiude
dentro e fuori di lui
gli occhi e lo stomaco
le braccia strette
attorno alle sue ginocchia
il suo corpo fetale
trema nella notte

Il buio scende
dentro e fuori di lui
la sua disperazione
è piccola ed acerba
come una castagna
lanciata nello spazio
cresce espandendosi
fino ad esplodere
come una nova

E lui galleggia
isolato nell'universo
della sua solitudine

Mai più la sua voce
di sogno
lo trarrà dai suoi sogni
per vivere il più tenero
dei sogni

Mai più la sua voce
bisbiglierà nel mattino
goccia di rugiada
e fruscio di fronda
nel bosco al risveglio
mai più

E quando lei
dirà a lui
che la fine è arrivata
lui si svuoterà
tutto dentro
e resterà solo
una sottile pellicola
a rappresentare
il simulacro della sua
mortale presenza

Mai più le sue parole
gocce di rugiada
cadranno sul suo cuore arso
sulla sua mente
deserto di silenzio

Ed il suo simulacro
dirà di sì
che capisce
e le sue labbra vuote
sorrideranno
e la sua mano si poserà
leggera
su quella di lei
ma lei non sentirà
il suo lieve peso
né vedrà il suo sorriso

Perché già corre lontano
con gli occhi pieni di amore
mentre i suoi capelli
cingono il fulgore
del suo volto
come un'aureola
e sono vivi
e contornano la sua bellezza

Mentre corre
il corpo di cerbiatta
rimpicciolisce
nella sua retina di statua
di sale
ed è contento
di essere morto
di non sentire più nulla
di non avere più bocca
per urlare il nome di lei
denti per mordere la sua lingua
né occhi da immergere
nel buio inchiostro
della sua notte

E' contento
di non avere più piedi
da muovere
per correrle dietro
e mani per trattenerla
e voce per implorarla


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