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Pubblicata il: giugno 19, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie del 800 | Totali visite: 3419 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Siede sopra una pietra del cammino,
a notte fonda, nel nebbioso piano:
e tra la nebbia sente il pellegrino
le foglie secche stridere pian piano:
il cielo geme, immobile, lontano,
e l'uomo pensa: Non sorgerò più.
Pensa: un occhiata quale passeggero,
vana, ha gettata a passeggero in via,
è la sua vita, e impresse nel pensiero
l'orma che lascia il sogno che s'oblia;
un'orma lieve, che non sa se sia
spento dolore o gioia che non fu.
Ed ecco - quasi sopra la sua tomba
siede, tra l'invisibile caduta -
passa uno squillo tremulo di tromba
che tra la nebbia, nel passar, saluta;
squillo che viene d'oltre l'ombra muta,
d'oltre la nebbia: di più su: più su,
dove serene brillano le stelle
sul mar di nebbia, sul fumoso mare
in cui t'allunghi in pallide fiammelle
tu, lento Carro, e tu, Stella polare,
passano squilli come di fanfare,
passa un nero triangolo di gru.
Tra le serene costellazïoni
vanno e la nebbia delle lande strane;
vanno incessanti a tiepidi valloni,
a verdi oasi, ad isole lontane,
a dilagate cerule fiumane,
vanno al misterïoso Timbuctù.
Sono passate . . . Ma la testa alzava
dalla sua pietra intento il pellegrino
a quella voce, e tra la nebbia cava
riprese il suo bordone e il suo destino:
tranquillamente seguitò il cammino
dietro lo squillo che vanìa laggiù. |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
I cancelli sopra le colline
nascondono strisce di giardino;
i rosai spinosi s'inteneriscono
al chiarore del sole
del primo mattino.
Petali di viole cingeranno
i tuoi fianchi quando
stanco io d'aspettare
da me tu tornerai. |
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