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Pubblicata il: giugno 20, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie del 800 | Totali visite: 1771 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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VII
Poi disse: "Ritrovai la beatrice".
E il vecchio parve domandar qual era
quel monte, lungi, dov'è l'uom, felice.
Spirava un'aura placida e leggiera
che scivolava sopra i larghi pini,
recando odor di mare e primavera.
E con sommessi sibili tra i crini
irti soffiava, e giù garrian gli uccelli,
nell'ombra nera, gl'inni mattutini.
Già si vedean fioriti gli arboscelli
appiè dei pini, e l'acqua bruna bruna
moveva là, di limpidi ruscelli.
E il vincitore della sua fortuna
disse: "Non mossi il piè di qui. Del pianto
o della gioia, questa selva è una".
Sorgeva il sole; e più che dolce, intanto,
tra il sibilare de' chiomati rami,
fra l'infinito rompere del canto
degli uccelletti e il rombo degli sciami
e il singulto dell'acque andanti e l'almo
odor delle viole e de' ciclami,
accompagnato dal respiro calmo
del mare eterno, su per la pineta
veniva il suono d'un eterno salmo.
Venìa Matelda lieta oprando, lieta
cantando, con sue pause per un fiore,
sempre movendo verso il suo poeta.
Ora la selva antica dell'errore
e dell'esilio e d'ogni trista cosa,
splendea di gioia e sorridea d'amore.
Dall'oriente acceso in color rosa,
cinta d'ulivo sopra il bianco velo,
perennemente a lui scendea la sposa,
per trarlo in alto, al Libano del cielo. |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato. |
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