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Pubblicata il: giugno 19, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie del 800 | Totali visite: 13743 | Valorazione:     
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Presso alla culla, in dolce atto d’amore,
che intendere non può chi non è madre,
tacita siede e immobile; ma il volto
nel suo vezzoso bambinel rapito,
arde, si turba e rasserena in questi
pensieri della mente inebriata.
Teco vegliar m’è caro,
gioir, pianger con te: beata e pura
si fa l’anima mia di cura in cura;
in ogni pena un nuovo affetto imparo.
Esulta alla materna ombra fidato,
bellissimo innocente!
Se venga il dì che amor soavemente
Nel nome mio ti sciolga il labbro amato;
come l’ingenua gota e le infantili
labbra t’adorna di bellezza il fiore,
a te così nel core
affetti educherò tutti gentili.
Cosí piena e compíta
Avrò l’opra che vuol da me natura;
sarò dell’amor tuo lieta e sicura,
come data t’avessi un’altra vita.
Goder d’ogni mio bene,
d’ogni mia contentezza il Ciel ti dia!
Io della vita nella dubbia via
Il peso porterò delle tue pene.
Oh, se per nuovo obietto
Un dì t’affanna giovenil desío,
ti risovvenga del materno affetto!
Nessun mai t’amerà dell’amor mio.
E tu, nel tuo dolor solo e pensoso,
ricercherai la madre, e in queste braccia
asconderai la faccia;
nel sen che mai non cangia avrai riposo. |
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