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Pubblicata il: giugno 22, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie del 900 | Totali visite: 3434 | Valorazione:     
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Un falco stride nel color di perla:
tutto il cielo si squarcia come un velo.
O brivido su i mari taciturni,
o soffio, indizio del súbito nembo!
O sangue mio come i mari d'estate!
La forza annoda tutte le radici:
sotto la terra sta, nascosta e immensa.
La pietra brilla più d'ogni altra inerzia.
La luce copre abissi di silenzio,
simile ad occhio immobile che celi
moltitudini folli di desiri.
L'Ignoto viene a me, l'Ignoto attendo!
Quel che mi fu da presso, ecco, è lontano.
Quel che vivo mi parve, ecco, ora è spento.
T'amo, o tagliente pietra che su l'erta
brilli pronta a ferire il nudo piede.
Mia dira sete, tu mi sei più cara
che tutte le dolci acque dei ruscelli.
Abita nella mia selvaggia pace
la febbre come dentro le paludi.
Pieno di grida è il riposato petto.
L'ora è giunta, o mia Mèsse, l'ora è giunta!
Terribile nel cuore del meriggio
pesa, o Mèsse, la tua maturità.
(Circa metà agosto 1902) |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
T'ingozzi dell'amore di un altro
e io qui a dimagrire del tuo,
debole, |
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