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Pubblicata il: luglio 16, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Poesie latine | Totali visite: 16635 | Valorazione:     
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Ricorda
Odi, II, 3
Ricorda di serbare l’animo sereno equilibrato
nelle avverse vicende, come nelle propizie
immune dalla smodata letizia,
o Dellio, anche tu destinato a morire,
sia che tu abbia vissuto triste ogni momento:
sia che su un prato solingo adagiato
in ogni giorno festivo ti sia beato
del vino falerno di più antica data.
Qui fa’ che portino i vini e gli unguenti odorosi
e i fiori troppo effimeri della leggiadra rosa,
finché le cose e l’età e i fili
oscuri delle tre Sorelle lo consentono ancora!
Poi dovrai lasciare la casa, gli acquistati
boschi, la villa bagnata dal biondo Tevere,
sì, dovrai lasciarli, e un erede s’impadronirà
dei cumuli delle tue ricchezze!
Sia tu ricco, e disceso dall’antico Inaco,
o povero, di misera famiglia, e giaccia
sotto il nudo cielo sereno, nulla importa,
ugualmente preda sarai dello spietato Erebo.
Tutti siamo sospinti a un medesimo luogo,
nell’urna si volge la sorte di ognuno: prima o poi
essa uscirà, deponendoci sulla navicella
per l’eterno esilio.
(Testo inviato da Chiara) |
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
Ma che fastidio dà, perché mai nuoce,
quell'Uomo appeso al muro da tant'anni,
non si lamenta pei suoi mille affanni,
ma chi potette udirlo alzar la voce,
tuonare come un dio cupo e feroce, |
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