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Pubblicata il: settembre 24, 2013 | Da: Redazione
Categoria: Racconti inediti e/o celebri | Totali visite: 1307 | Valorazione

Occhio al medio ambiente | Invia per per e-mail

  
Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
Bartolomeo Di Monaco
CAMPOCATINO

Ci fu un tempo molto lontano in cui l'uomo aveva maggiore consuetudine con Dio. Gli parlava, lo invocava ma anche lo vedeva.
Spesso Dio si recava a trovarlo, quando l'uomo aveva bisogno di lui.
A Campocatino, un luogo abbandonato che sorge nella Garfagnana lucchese, il visitatore ancora oggi vi può avvertire quella speciale presenza dell'infinito.
Lassù la natura è ammaliatrice di uomini.
Così era a quel tempo.
E la gente viveva in pace. Non sentiva la necessità di nient'altro che non fosse la voglia di vivere in quel luogo che la presenza di Dio rendeva straordinario.
I giorni vi trascorrevano sereni. Al mattino i più giovani portavano al pascolo i greggi. Le pecore e le capre se ne andavano libere per i prati, godevano quegli spazi incontrastati.
Le ragazze restavano a casa. Accudivano ai più vecchi, lavavano, rammendavano, facevano le pulizie. Preparavano la cena. Qualche volta anche loro andavano ai pascoli.
Durante i rigidi inverni, la sera si ritrovavano insieme in una grande stalla. Lì, in mezzo agli armenti, trascorrevano liete ore.
I vecchi raccontavano ai più giovani antiche storie di montagna. Le ragazze coi loro trilli, con le loro risate, con la loro giovinezza riscaldavano il cuore della comunità.
In estate la vita si svolgeva all'aperto.
Anche la cena si consumava sotto il sole intorno ad una tavola grande.
E si cantava e si ballava, si lodava quel destino incomparabile. Forse nessun altro al mondo conosceva quel luogo. Nessuno rammentava di forestieri passati da lì.
Le donne esultavano di quella tranquilla esistenza vissuta accanto ai loro uomini. Tra i membri di quella comunità si sposavano, avevano figli, li crescevano, invecchiavano.
Campocatino era il solo meraviglioso universo che conoscevano.
Dio stava con loro.
Che cosa potevano desiderare di più?
Ma una sera uno dei pastori, tornando all'ovile, raccontò ai compagni di aver veduto delle ombre aggirarsi nel bosco.
Piccoli fruscii lo avevano allarmato. Anche il cane aveva rizzato le orecchie. Poi più niente. Altri rumori erano seguiti, rapidi, furtivi. Di nuovo il cane s'era allertato, aveva rivolto il muso verso il bosco.
Era calato infine il silenzio. Solo il vento frusciava tra i rami.
Nei giorni seguenti però la comunità stette in guardia; anche i vecchi e le donne si mossero attenti, sospettosi, intorno alle case.
Sui pascoli i giovani pastori tenevano gli occhi e le orecchie dappertutto.
Dopo qualche tempo la tensione si allentò; presto tutto fu dimenticato.
Passarono i mesi, venne l'inverno, tornò la primavera.
Una sera un pastore rincasò tutto trafelato.
Ora era sicuro. Aveva visto degli uomini. Qualcuno lo aveva spiato. E lui zitto zitto aveva finto di non accorgersi di nulla.
I vecchi non ricordavano che fosse mai accaduto niente di simile.
Nemmeno avevano sentito raccontare dai loro nonni che gente era venuta da fuori per spiare la comunità.
Si trattava sicuramente di forestieri male intenzionati.
Si approntarono le difese. Non si aveva dimestichezza per questo genere di cose. I vecchi diedero il consiglio. I giovani montarono la guardia giorno e notte.
Infine una sera videro avvicinarsi ad una delle loro casupole un manipolo di uomini.
Uno di loro grande e grosso, dallo sguardo torbido, bieco, domandò chi fosse il capo di quella gente.
"Non ci sono capi qui" rispose un giovane.
"Vogliamo le vostre case" dichiarò risoluto quel tale.
"Sono nostre da molte generazioni" intervenne il più vecchio della comunità.
"Dovete sgomberare."
"Non lo faremo mai!"
"Domani torneremo in molti. Se non ci lascerete le case, vi stermineremo."
E se ne andarono.
Subito la comunità si riunì nella stalla.
Le ragazze non più ridevano, ma in un angolo ascoltavano le dure parole degli uomini. I vecchi svelavano nei loro sguardi una profonda malinconia.
L'indomani come avevano promesso ritornarono quei forestieri.
Ma giunti al villaggio con grande sorpresa non trovarono nessuno!
Anche le case non c'erano più! Quelle poche che videro giacevano diroccate, senza vita.
Frugarono dappertutto.
Pieni di rabbia, imprecavano che qualcuno venisse fuori dai nascondigli a parlare con loro, a spiegare il prodigio.
Ma nessuno venne, nessuno trovarono. Neanche nel bosco.
Furono presi da paura, infine da terrore.
Scapparono.
Non tornarono più.
Da quel tempo a Campocatino non abita più nessuno.
Molti dicono invece che in quel luogo ancora vive una comunità. È invisibile. Ancora ci sono i pastori, ancora le ragazze ridono sui prati o nella grande stalla. Ancora i vecchi narrano quelle antiche storie.
Sono sempre lì e attendono sorridenti le stagioni.
Ancora vi incontrano Dio. Li protegge, li aiuta, si intrattiene con loro.


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