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Pubblicata il: giugno 14, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Racconti inediti e/o celebri | Totali visite: 1575 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Tempo fa sono stato invitato a Ipermondo, una mostra tra
informatica, multimedialità, realtà virtuale, reti telematiche
e fantascienza ambientata nell'autunnale cornice dell'Orto
Botanico di Roma. La mostra, destinata ai NON addetti
(NON sottolineato) aveva attirato la mia curiosità e quindi sono
andato non immaginando nemmeno lontanamente quanto mi stava per
succedere.
Era una di quelle mattinate, per la loro mitezza, tanto decantate
da scrittori itineranti mittle europei innamorati dell'Italia.
Noi invitati eravamo fuori all'aperto, in attesa di entrare nella
serra adibita ad aula di riunioni dove, da lì a breve, si
sarebbe tenuta la conferenza di apertura di Ipermondo.
Approfittando del tiepido sole, sostavamo nella piazzola tra
bambini che giocavano a nascondersi tra cespugli e fantesche ben
pagate che li inseguivano dappresso. I cespugli non erano
semplici cespugli ma piante titolate il cui nome scientifico, in
rigoroso latino, i visitatori cercavano di pronunciare con
l'accento corretto.
Stanchi di rimirare un orizzonte di ruzzolanti bambini, io e il
mio amico Pino, approfittando del ritardo sull'orario previsto,
abbiamo visitato l'Orto Botanico. Io che sono romano ed ho
visitato Orti Botanici di mezzo mondo, quello della mia città
non lo avevo mai visto, un po' perché è stato chiuso per anni e
po' perché uno si dice sono ad Oslo forse non ci tornerò
mai più, fammi visitare l'Orto, ecc. Non è la stessa
cosa per i musei che erano aperti a Roma quando ero ragazzo,
perché quelli li ho visitati, visitati e visitati.
L'Orto Botanico di Roma forse non sta alla pari con quello di
Montecarlo che mi è rimasto indelebile nella memoria o quello di
Copenaghen nel quale ho passato un'intera mattinata aggirandomi
nel caldo umido di foreste tropicali chiuse in gigantesche serre,
o con il vittoriano Rose Garden di Londra con le sue monumentali
serre Liberty, ma abituati come siamo al modo approssimativo di
fare le cose nel nostro paese, siamo rimasti sorpresi dalla cura
e dalla abbondanza di tesori della flora esposta. Nonostante la
presenza dell'uomo, la natura è una cosa meravigliosa per il suo
rigoglio di vita, per i suoi ineffabili colori, le sue forme, i
suoi profumi. Eravamo al centro di Roma ma ci sentivamo
trasportati lontani mille miglia.
Con una potente dose di realtà (vera) direttamente iniettata in
vena siamo ritornati a conferenza iniziata per incontrare la
Realtà Virtuale e il suo profeta.
Sul podio, insieme al duo fantascientifico Caronia-Brolli, c'era
il nostro bravo scrittore che, vista l'epoca e la natura del
convegno non poteva che essere il padre, o quasi, del Cyberpunck,
filone della più recente fantascienza. I commentatori si
dilungavano sul valore anticipatorio delle opere di Bruce
Sterling, il nostro scrittore appunto, un biondo ragazzo del '54
nato a Brownswille nel Texas che se la rideva sotto i baffi
(virtuali) alla traduzione degli interventi che gli faceva
all'orecchio la sua interprete.
Finalmente il quasi padre del Cyberpunck ha preso il microfono,
un anacronistico monumentale carciofo metà ferro e metà carbone
con base in pesante metallo che ben si adattava all'ambiente e ha
iniziato avvertendo l'uditorio che non avrebbe approfittato
dell'occasione per pubblicizzare i suoi libri (meno male perché
già si erano parecchio dati da fare i succitati due) ma ci
avrebbe partecipato il suo pensiero su un paio di scottanti
argomenti: Realtà virtuale e Reti Telematiche.
Bene, si veniva al dunque, io ero lì apposta per ascoltare il
profeta, lo stocastico che si rivolgeva ai NON addetti.
Finalmente avrei saputo cosa l'essere umano dovesse aspettarsi in
termini di realtà virtuale e reti telematiche nel prossimo
futuro.
Davanti a me, credo un giornalista (troppo giovane per essere un
sessantottino) inviato di qualche giornalino trasgressivo di
nicchia, ha sgranocchiato tutto il tempo dei niente affatto
virtuali biscottini, dando all'alato contesto una dimensione più
terrena e banale.
Nel 2010, sostiene con certezza condiscendente lo stocastico,
ogni essere umano vivente sul pianeta avrà il suo terminale è
sarà in modo permanente collegato ad ogni altro essere umano
tramite Internet. Chissà perché la mia mente è
scattata ai milioni di bambini, di donne giovani, vecchie, vecchi
che ogni anno muoiono per fame in sud America, in Africa, in
certi paesi dell'Est. Nel 2010, i Paesi più ricchi aiuteranno
quelli più poveri dotandoli di terminali Internet e tutti questi
sfortunati, seppure famelici ed agonizzanti, se ne andranno a
zonzo attraverso la rete telematica planetaria magari invocando
pane.
Ma non basta, non solo ogni essere umano avrà il suo
terminale, ma animali e piante avranno le loro reti che saranno
interconnesse con quella degli umani.
Per fortuna, di NON addetti, con e senza sottolineatura, non ce
n'era nemmeno uno perché, a queste dichiarazioni, se ci fosse
stato avrebbe guadagnato l'uscita guardandosi furtivo alle
spalle. Tutto il pubblico, invece, costituito da esperti,
sogghignava felice a queste prospettive, magari immaginandosi in
chat con una tigre dell'Hymalaia posto che lì ci siano tigri
piuttosto che con un monaco buddista vecchio di settecento anni,
posto che al mondo ci siano persone così vecchie, ma in un clima
come quello tutto cominciava a sembrare possibile alla mia mente.
Il collegamento tramite Internet tra umani e animali
servirà a risolvere il secolare problema della sgradevole
convivenza uomo/topo. Ci assicura con un sorriso di
complicità Bruce, come dire: con la tecnologia fregheremo pure
loro!
Ora i topi scorrazzano per la casa approfittando di ogni
pertugio, rosicchiando non solo il formaggio in dispensa ma anche
gli abiti più preziosi e meglio riposti in armadi che credevamo
sicuri, disseminando la casa di piccoli e fastidiosi escrementi,
riempiendo di squittii le notti primaverili in cui i topi si
disputano una topina di primo pelo. Niente paura! si apre in un
sito Internet un NewsGroups tipo SOC.CULTURE.MICE.HUMANITY e
uomini e topi cominciano a scambiarsi una serie di messaggi sulla
reciproca convenienza di instaurare una pacifica convivenza. Noi,
grazie a loro, potremo avere la casa sempre pulita, e loro,
grazie a noi, potranno avere cibo in abbondanza, un servizio
sanitario per vaccinarli contro le malattie infettive. I bambini
si cureranno della loro pulizia lavando e pettinando la loro
morbida pelliccia e giocando con loro nei momenti che il
terminale gli lascia liberi. Altro che due piccioni con
una fava! qui si va ben oltre: I topi mangerebbero i nostri
rifiuti e non più formaggio e abiti "buoni"; non
sporcherebbero più in giro; non litigherebbero più la notte
perché imparerebbero a rispettare le topine; non dovremmo più
preoccuparci delle discariche dove seppellire le tonnellate di
rifiuti che ogni minuto del giorno e della notte l'essere umano
riesce a produrre; non dovremmo spendere soldi per fare regali
alle bambine che sarebbero impegnate con i topi al posto delle
bambole, e i maschietti potrebbero giocare con i nuovi alleati
come facevo io quando ero piccolo con i soldatini di piombo.
Al di là dell'alleanza tra uomini e topi mi è rimasta oscura
l'interconnettività con la rete arborea, qui neanche la fantasia
di Bruce è riuscita ad immaginare nulla di men che plausibile e
vantaggioso (almeno per noi). Non riesco a vedere la mia
Cosiddetta Aralia chattare con il pesce rosso nella boccia o con
il gatto vecchio, pigro e malandato della mia vicina con la quale
io non ho mai scambiano nulla di più che un intelligibile giorno..
Ma ora la Realtà Virtuale.
Fuori dalla grande serra che fungeva da sala convegni, oltre le
grandi vetrate, le piante ci guardavano come pesci in un acquario
tropicale. Bruce guardava le piante, Bruce si era accorto che in
un ambiente come quello tra piante più o meno rare, bambini che
trattavano con la loro realtà ludica parlare di realtà virtuale
poteva essere riduttivo de ha scelto la via mistica.
Che cos'è la realtà virtuale senza le piante, senza gli
animali? La realtà virtuale senza le immondizie, senza gli altri
uomini, senza i bambini non è nulla! Lo stocastico ora
sembrava un predicatore ispirato ed elencava una filastrocca di
calamità umane senza le quali la realtà virtuale non poteva
essere. Devo dire molto interessante e ieratico come effetto, ma
assolutamente povero come contenuti, ma probabilmente certi toni
da predica a messa la domenica all'americano medio non
dispiacciono. Mentre mi stavo mentalmente chiedendo il perché si
dovesse riprodurre nella realtà virtuale la realtà vera (scusa
Pirandello) si è alzato, credo una spettatrice, ma forse era uno
spettatore, che ha concretizzato in onde sonore il mio pensiero.
Si era al termine, e la risposta si è persa tra il vociare dei
presenti noncuranti che fosse stata posta una domanda inquietante
la cui analisi avrebbe recuperato un senso alla mattinata che
oramai era irrimediabilmente perduta. Mi ero aspettato un bel
tuffo nel futuro ma mi sono trovato intrappolato in una sacca
temporale che procedeva a ritroso. Questa sensazione è diventata
fortissima quando Bruce Sterling, rivolgendosi a noi, uditori
delle sue mirabilia, ci diceva, per gratificarci, che se noi
eravamo li era perché eravamo diciotto, dico diciotto, non meno,
non più, mesi avanti al resto della gente.
Non so perché quando sono tornato a studio ero furente. Era di
sabato e questo per me significa che avrei potuto lavorare il
resto del giorno e parte della notte senza essere disturbato
dall'esterno, ma il disturbo era interno e non accennava a
dileguarsi. Perché ero così arrabbiato?
Felice Pagnani - L'UOMO E L'INFORMATICA - gennaio 1995 -
Micro & Personal Computer
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