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Pubblicata il: giugno 14, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Racconti inediti e/o celebri | Totali visite: 1238 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Dal punto di vista semantico la parola autostrada evoca ordine,
razionalità, chiarezza. Infatti, ai margini del nastro di
asfalto non mancano mai le indicazioni sulla direzione da
prendere, in ogni momento si sa dove ci si trova, ci sono
stazioni di servizio con tutto quello che serve per se stessi e
per la propria auto.
Io ho percorso l'Europa da Roma a Capo Nord in camper e mai,
nemmeno per un attimo, mi sono sentito smarrito. Mai ho sentito
la mancanza di qualcosa più a lungo del tempo necessario a
raggiungere la prima stazione di servizio. Ma durante il viaggio,
innegabilmente pieno di interesse, mai mi ha abbandonato un vago
senso di insoddisfazione, forse sarei più vicino al vero se
dicessi di delusione.
Il viaggio a Capo Nord vivrà a lungo nella mia memoria, non
tanto per le cose che ho visto ma per quelle che ho pensato, per
il continuo, incontrollabile assalto dei ricordi. E' stato come
se il mio viaggio avvenisse parallelamente in due differenti
dimensioni. Una, quella dello spazio fisico e del tempo reale, a
bordo del mio camper con il paesaggio che si apre continuo,
vario, in un'alternanza di giorni e di notti, di luci e di ombre,
di albe e tramonti sempre più ravvicinati: l'altra, nel tempo
della memoria, a ritroso, attraverso il flusso dei ricordi che mi
risucchiava sempre più verso l'origine con ritorni improvvisi a
giorni pieni di luce e d'amore e a notti passate a consumare la
propria ansia su interrogativi angosciosi ed il terrore che non
ci sarebbe più stata luce del giorno.
Il mio viaggio verso il Grande Nord negli anni in cui lo avevo
sognato, vagheggiato, inseguito, aveva creato in me delle grandi
aspettative. Lo spirito di avventura me lo aveva fatto sognare
fin da ragazzo quando, armato di tendina canadese e pochissimi
soldi, trascorrevo l'estate accampato nella pineta ai margini
della quale si apre l'azzurrissima Baia di Porto Conte. In quelle
acque fredde, profonde e cristalline, pescavo il mio pranzo e la
mia cena, barattavo il dentice e la ricciola per una pasta
asciutta, una birra e un posto alla tavola degli altri
campeggiatori che venivano, attrezzati di tutto punto, dalla
vicina Sassari. Quelle erano le mie vacanze di studente liceale
che, sognando Capo Nord, stava vivendo la migliore delle sue
avventure.
Ora a Capo Nord ci sono stato e, mentre andavo, la mente correva
a quella sabbia calda, chiara, asciutta e sottile che quando la
stringi nella mano ti sfugge via tra le dita lasciando un pugno
vuoto; a quei fondali pieni di stelle marine, con le attinie che
agitano, protese verso l'alto, le sottili dita senza sosta come
se un vento di disperazione le facesse rabbrividire, stavo lì in
apnea a guardarle fino a quando la mancanza d'aria mi faceva
risalire affannato per una boccata d'ossigeno, mi facevano
pensare a divinità mitologiche tramutate in erba marina per
qualche misfatto; al pesce sorpreso all'uscita dalla tana,
trafitto dalla fiocina che tenta un ultimo guizzo nello spasimo
della morte; alla notte al largo, con la barca che avanza piano
piano con un breve colpo di remi, scivolando nell'acqua buia e
densa come olio, a ridosso della scogliera che si staglia nera
contro un cielo tempestato di stelle, mentre con la lampara
accesa aspettiamo il totano che immancabilmente arrivava simile
ad un fantasma in trance e si avvinghia all'esca come alla sposa
perduta e ritrovata; alla nassa che imprigiona l'astice che a
mangiarla è più buona dell'aragosta ma il cui aspetto suscita
ritorni da ere geologiche lontane. Riandavo al giorno pieno di
sole e alla notte piena di stelle e al fuoco acceso sulla sabbia
su cui arrostivamo la nostra pesca mentre i bambini gridavano i
loro giochi contro il nero della notte.
Cristalli di sale marino fiorivano sul mio corpo che il sole
aveva cotto e reso bruno e solido come ebano stagionato e i
cristalli incorniciavano anche i miei capelli che imbiondivano al
sole.
Le mie vacanze oggi sono costose, da benestante borghese che non
ha smarrito il senso dell'avventura ma che ha pochissimo tempo
per viaggiare e nessun desiderio di incontrare i suoi simili in
latitudini diverse da quelle in cui vive.
Si può viaggiare intruppati da un'agenzia che specula tra
l'esigenza di apparire aperti e moderni e il terrore delle cose
sconosciute. Altri affrontano dieci, quindici ore di volo per
andare e altrettante per tornare con l'unico scopo di stendersi
al sole sulle sabbie di un isolotto. Arrostiscono unti al sole
per una intera settimana per potersi pavoneggiare tra l'invidia
dei colleghi che l'inverno ha reso pallidi, spettrali e incazzati
ma assolutamente indifferenti al bronzeo colore di vanitosi
vacanzieri.
Altri turisti, non necessariamente dotati di maggior spirito di
avventura, hanno visto tutto il mondo dietro i cristalli di un
pullman extra-lusso senza essersi resi conto che a Bang Kok
c'erano 42 gradi all'ombra e che l'umidità relativa era del 100%
perdendo così l'esperienza di scendere nell'ultimo girone
dell'inferno dantesco.
Ma opposti a questi turisti ci sono gli studenti poveri che
partono in bicicletta , io li ho visti arrancare lungo i fiordi
norvegesi, anche loro diretti a Capo Nord, ragazzi e ragazze con
capelli chiari come spighe mature, seri in volto per lo sforzo di
vincere la salita, silenziosi per risparmiare ogni più minuscola
risorsa. Negli occhi la stessa determinazione che spingeva
Colombo a varcare l'oceano per le Indie e Marco Polo alla ricerca
del mitico oriente.
Ci sono uomini che amano l'avventura e non si contentano della
piccola dose in pillole propinata dalle TV sotto forma di
telenovelas.
Ed eccoci al punto.
Si fa un gran parlare di autostrade telematiche da quando Bill
Gate ha detto che noi ne abbiamo bisogno, che il mondo non può
più farne a meno e come al solito ha ragione lui.
Se ne parla molto e tutti prevediamo che presto il fenomeno sarà
diffusissimo e che questo cambierà molto le abitudini delle
genti. Ma se andiamo a vedere in Italia il fenomeno attualmente
riguarda meno di 5.000 persone e in tutto il mondo sono una
trentina di milioni i viandanti che percorrono tutti i giorni le
autostrade informatiche su oltre 5 miliardi che calcano sentieri
più pedestri. Non troppi invero. Ma quanti erano i viaggiatori
che all'inizio del secolo avevano percorso più di cinquecento
chilometri? meno ancora, molto meno. Oggi sono pochi quelli che
ne abbiano percorsi meno di mille.
Nella maggior parte dei casi chi disquisisce del problema, queste
autostrade non le ha mai percorse, altrimenti non ne parlerebbe
nei termini cui ci siamo abituati ad ascoltare.
Presto nasceranno i Gregorovius, gli Hermann Hesse, i Volfango
Goethe che parleranno dei siti, dei domini, dei, nodi, dei forum,
delle conferenze, dei newsgroups come luoghi favolosi dove si
incontrano strani e misteriosi personaggi.
Io sono un viaggiatore telematico. Tutti i momenti quando posso e
anche quando non potrei io sono in viaggio. Sono un viandante
sempre stupito, rallegrato e rattristato, stanco e soddisfatto.
Finisco un viaggio e subito dopo mi assale l'ansia di ripartire e
riparto perdendomi sempre in nuovi labirinti, soffermandomi
affascinato, curioso, sorpreso e scandalizzato.
Quando uno parte non ha la sensazione di percorrere
un'autostrada, ma il sentimento è quello di essersi smarrito in
un intricato labirinto che percorre tutto il pianeta, ma il tempo
di percorrenza per raggiungere anche il sito più remoto non è
quello dei treni, delle automobili e nemmeno quelli degli arerei
con due, quattro, o cento reattori e nemmeno quella dei razzi che
per mettere in orbita i satelliti consumano una quantità di
carburante che uno con una macchina come la mia ci andrebbe
avanti per duemila anni. E' molto di più, non è ancora quella
della luce, ma ci siamo vicini.
In un istante, voltato l'angolo di uno stretto cunicolo
tappezzato da immagini frattali rappresentanti universi che si
generano e si inghiottono, ecco l'India e una conferenza Zen tra
gente che pratica la meditazione trascendentale attraverso la
quale ognuno rafforza il concetto del Sé. Lasci l'India con una
conquistata sensazione di serenità interiore che perdi subito in
un sito dove qualcuno chiede pubblicamente scusa a chiunque si
trovi a passare perché il suo errore ha messo in movimento
migliaia di viandanti da tutto il mondo creando il subbuglio in
quello che era un tranquillo Laboratorio di ricerca. Pubblica
ammissione di colpa che dona redenzione, esaltazione del martirio
come in Assassinio alla Cattedrale. Desiderio di espiazione
Oppure ti imbatti in una frase amara che non chiede risposta
perché non è una domanda, ma una frase che un viandante ha
lasciato lunga la via nello stesso modo come ci si libera della
fotografia della donna che ti ha appena abbandonato mentre a solo
un millisecondo di distanza qualcun altro dice che la sua
insegnate di italiano era una troia e per questo lui non ha mai
amato Leopardi e subito arrivano altri dieci, altri cento che
hanno avuto la stessa esperienza e uno non si sente più un
mostro solo perché la poesia A Silvia gli suscita il vomito ogni
volta che la sente nominare.
In un altro posto i musicisti sono riuniti permanentemente in una
conferenza continua alimentata da ogni più remoto angolo della
terra.
Fioriscono conferenze ovunque, in tutte le lingue, su tutti gli
argomenti tecnici, umanistici, storici, futili, perversi,
amorosi.
In ogni conferenza c'è sempre un flusso continuo perché mentre
ad oriente si va a dormire ad occidente ci si sta appena alzando
con la voglia di raccontare i propri sogni, le proprie ansie, i
problemi, ma anche la gioia di essere innamorati corrisposti, e
si parla di musica, di strumenti, si organizzano concerti, si
chiedono consigli, si danno consigli. Si vendono cose, le più
improbabili, quelle a cui non penseresti mai. Intorno ad una cosa
c'è subito chi se ne vuole disfare e chi se ne vuole
appropriare.
Angeli e diavoli vivono fianco a fianco, in un angolo si prega
Dio e in quello accanto si adora satana, qui l'elemento
coagulante è la diversità che ti fa uguale ad un altro diverso,
tutto in una Babele che pensi non potrà reggere che pochi
secondi ancora, poi sarà il caos.
Ma non è così perché tutto continua.
Nel labirinto tutto funziona come poche cose al mondo. La sera
lascio un messaggio ad un amico ad Hong Kong e la mattina del
giorno dopo trovo la sua risposta. Ho lasciato un messaggio a mia
nipote che sta a New York dove studia violoncello e compie gli
anni. Il pomeriggio stesso, quando mi sono ricollegato con MC
Link, ho trovato il suo messaggio di risposta dal quale ho
appreso che ha amici pranzo e sta preparando una zuppa di
granchi, poi suoneranno Bach. Ho ripreso i contatti con mia
sorella che vive a Zurigo e fa l'insegnante di italiano.
Uso E-Mail per i problemi che incontro durante il mio lavoro di
giornalista tecnico e ottengo rapidamente risposte dal Canada,
dagli USA. ho preso ad utilizzare questo sistema anche con gli
operatori italiani, perché è più facile ottenere una risposta
tramite E-Mail che con cento fax.
Se stai pensando parli bene tu che te lo puoi permettere
con quello che costa la bolletta Telecom. Ebbene, io da
quando viaggio le vie telematiche sto risparmiando un sacco di
soldi
Ieri notte, prima di andare a dormire ho inviato messaggi (lavoro
e amicizia) ad Hong Kong, New York, Ottava, Zurigo, Roma e
Milano. Il tutto al costo di una telefonata urbana.
Altro vantaggio se vi fossero sorti dubbi, domande brucianti
curiosità inderogabili lasciatemi un messaggio all'indirizzo
MC2603. Non è come le poste italiane dopo 30 secondi dalla
spedizione il vostro messaggio sta già in attesa che io faccia
capolino nel M)ailbox. Farlo vi sarà costato meno del
francobollo per inviare uno stampato sotto i venti grammi, avrete
risparmiato sul foglio di carta, la busta e la leccata sotto il
francobollo.
Ma che sta succedendo? io sono veramente preoccupato. Tutto
questo è troppo bello per continuare, ma mi assicurano che
continuerà. Presto aprirò un'area con le mie poesie. Una volta,
tanti anni fa un giornalista mi disse che ero un criminale a
tenere le mie poesie nel cassetto e che era mio preciso dovere di
uomo renderle pubbliche. Questo potrebbe essere il momento buono,
ma non solo per me.
Felice Pagnani - L'UOMO E L'INFORMATICA - dicembre 1994 -
Micro & Personal Computer
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Una pubblicazione proposta fra le tante presenti nel sito |
Voglio lasciare a Giannamaria
Un seno nuovo per la sua estate
Che possa darle soddisfazioni
Che fino adesso ha solo sognato.
Avrei coperto di petali rossi
La sua vergogna ed i suoi seni |
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