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Pubblicata il: ottobre 24, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Racconti inediti e/o celebri | Totali visite: 4202 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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… era del giaguaro …
Niente mi riconduce ad una realtà ordinaria, tutto sembra portarmi verso una consapevolezza al confine dell’onirico, dove ogni cosa è possibile, dove i tronchi di quercia diventano facce, dove le pietre tonde rilassano ed emettono luci azzurre, dove la sabbia in una spiaggia diviene metafora dei vari universi..l’intercalare delle onde a riva mi parla dei cicli del mondo..dove il vento batte il tempo di una danza eterna.
Mi sveglio sempre con il rimpianto e la nostalgia del sogno.
Cammino nella vita di tutti i giorni come trascinato per inerzia da una gravitazione occulta che non fa altro che schiacciare la massa.
Dimentico della curvatura che questa comporta nello spazio-tempo… per resistere e continuare in questa noia di scambi di parole, azioni e sguardi, è indispensabile una maschera di gesso che mi protegga dalle voci, dai pensieri che mi scagliano addosso, dai preconcetti di genti …assuefatte ormai, in questa simulazione di cose dovute, di pratiche urgenti, di lavori insulsi.
Io vedo le cose diversamente, tutto mi appare senza il velo che inganna,dietro ogni fenomeno ho imparato a leggere i codici..dietro le coincidenze vedo le frecce che mi indicano il percorso da seguire.
Scalini sempre più alti e ripidi, curve sempre più prossime alle circonferenze..ma a volte: il dubbio è che percorrendo una strada a cerchio si abbia comunque l’impressione di camminare su una linea retta.
Allora a che servirebbe sforzarsi tanto per fare e rimanere diversi, con la convinzione di essere adepti di chi sa quale ordine prescelto?
Ogni volta accumulo nozioni, sensazioni, concetti nuovi …ma quando sono troppi ad affollare i pensieri mi vedo costretto a sintetizzare, per accorgermi ogni volta con rinnovato stupore che ogni grande complessità è traducibile con la più semplice delle unità.
Ho sfogliato pagine, convinto di trovare nei libri, rivelazioni e verità nascoste, considerando l’autore di quei testi come un illuminato, contenitore del pensiero del mondo.
Ma questo solo per la durata del libro…tornava ogni scrittore ad essere ignorante, come me e a volte più di me, non appena posavo il testo sulla libreria. Lo facevo con noia e disprezzo , rimproverando forse le sue pagine, di non avermi detto niente che gia non sapessi.
No, questa credetemi non è presunzione, non è superbia, perché sono ben conscio che questi miei modi non mi giovano in nessun senso. Non guadagno niente a tirarmi fuori, e se voi ritenete più giusto restare in caverne a luce di candela, per paura che il sole vi accechi, e vedete la mia audacia come una provocazione: allora io non posso aiutarvi , non posso sciogliere le vostre catene di ferro arrugginito. Posso invece salire gli scalini che mi trovo davanti, sperando che qualcuno mi segua e provi con me, anche rischiando che tutto sia inutile.
Poi, se tra voi ci fosse qualcuno che si dicesse in grado di dirmi tutta la verità, io sarò lieto e ansioso di ascoltare le sue parole, sperando ancora una volta di aver trovato il mio maestro. Si perché so ..forse per istinto..forse per pura illusione..che tra i 6 miliardi di persone almeno uno ha gia letto il libro del mondo.
È lui che voglio incontrare….è lui che voglio seguire, anche se si trattasse solo di una proiezione della mia mente, mi importa di uscire dal limbo, trapassare il confine che separa la convinzione dalla consapevolezza.
Sono anche disposto all’illusione più pura, a patto che mai prima della morte mi accorga di aver sbagliato..e non penso che questo compromesso sia vendersi ai demoni…si, perché dei demoni ne conosco le trame e gli inganni..e mai riusciranno a comprarmi…mai mi faranno felice.
Loro offrono felicità di pochi istanti che nulla lascia alla crescita. Non sono nemmeno convinto che sia la felicità che cerco.
Forse la malinconia è parte del mio sangue, come il silenzio è parte del mio linguaggio.
Godo solo nei momenti di più profonda solitudine, quando seguo i ragionamenti e il saltare da un ramo all’altro, della mia scalmanata ed indipendente..mente scimmia.
Provare ad ingabbiare la scimmia non mi servirebbe, mi serve invece capirne il tempo e le trame, per poterci convivere senza che nuoccia in alcun modo, ne a me ne alla sua libertà.
Ho visto troppi convincersi che la maschera di gesso da loro indossata per protezione, fosse la loro vera faccia.
Hanno rinunciato alla curiosità, ai sogni, all’immortalità che più volte gli ha sfiorati e chiamati,ma che è fuggita da loro non appena gli ha visti spenti, inerti, telecomandati da una morale e da una falsa etica comune.
Io non ci sono per voi , collezionisti di maschere di gesso, io colleziono sguardi di occhi che sanno a priori, ho visto che il re di cuori è la carta più bella, che la scala è il gioco più alto, ho bruciato le mie facce finte perché ero stanco dei mutamenti, ho quindi fissato una meta , lontana, ma che sono certo raggiungerò, fosse anche con un demone inseguitore subito dietro la schiena, custodisco un finto Dio e lo farò in eterno.
Che mi frega di essere creduto? Che mi importa del vostro scetticismo?
Io non vivo per i sordi e per i cechi….io sono il pittore cieco..il musicista sordo..il cantante muto..lo scrittore analfabeta. Sono l’oratore timido, il boscaiolo smilzo, il minatore grasso. Sono il ragioniere ubriaco.
Ma non pensate male per questo, perché sapete bene anche voi a che profondità si trovano i diamanti. Sapete quanto è buono un tartufo e quanto ingrassa un gatto castrato. Conoscete quanto sia affascinante il mistero e quanto sia insulso quando viene svelato. Capite che nulla varrebbe la vostra vita, se non fosse attesa dalla morte….gli alberi più belli da vedersi sono quelli che non si utilizzano per mobili e fuoco.
Sono il geniale impiegato del catasto,…sono il becchino cabarettista.
Sono lo schiavo re.
Se questo mio modo e per voi troppo ermetico,allora sappiate che io cosi ,e solo cosi, sono in grado di esprimermi. Ho imparato a parlare osservando e sentendo le gocce di pioggia, prima che si facesse diluvio, prima che si allagasse la casa. Se non mi capite leggete chi vi piace, magari Shakespeare , lui si che era bravo a muovere la sua testa di pera.
Io non vivo qui tra voi… sono cittadino di Akasha, sta troppo in alto sulle montagne…. se continuate ad indossare gli scarponi chiodati non riuscirete mai a raggiungermi. Provate a mettere i sandali di paglia, ne sono convinto: costano e pesano meno, i piedi sudano e puzzano meno.
Sorridete allora dell’insensatezza delle mie parole, ma provate a leggere dentro i vostri ghigni, vi accorgerete che le vostre armature e i vostri scudi sono fatti di fibra..fibra di riso.
Provate a guardarvi allo specchio,vedete se i vostri occhi ridono con i vostri denti, calcolate quanto una lacrima impiega a percorrere la vostra guancia. Davvero vi divertite? Davvero provate compassione quando schiacciate una zanzara?Davvero avete sofferto alla fine di un amore?
Davvero vi importa dei vostri amici?
Se siete in grado di rispondere, levatevi almeno la maschera e non usate i vostri toni impostati o il vostro slang da chiacchiera. Prima di aprire bocca fatte sette respiri, come consigliavano i samurai.
Prima di decidere che parola scegliere contate fino a dieci…ma anche nove vi dovrebbe bastare.
Venite pure da me quando siete pronti,io vivo per ascoltare le vostre opinioni,per vedere e leggere le vostre smorfie.
Si sa che l’acqua scava le rocce, che il letame rende fertile il terreno.
Esistono alberi bellissimi a vedersi, piante secolari con chiome gigantesche e rami contorti e nodosi. Mai nessun artigiano ha pensato di tagliarli, mai nessun fattore ha provato ad incendiarli. Resistono così da millenni, cullati e mossi dal vento, osservati e accarezzati dai curiosi,
vivono cosi a lungo perché sono inutili proprio come queste mie parole.
Sono inutili come lo sono, la vanga per un ballerino o il microfono per un muto. Inutili come una macchina fotografica per un cieco o un lettore cd per un sordo. Senza senso come una lavatrice in riva al mare,come un profilattico su un tronco o una luce artificiale in giardino alle tre del pomeriggio…magari d’estate.
Ho sentito di gente che si fa in quattro per imitare la natura. Uno scultore ha impiegato dodici anni a cesellare e scolpire un tronco, tanto che messo vicino a quelli naturali era indistinguibile. Solo la sua forma era quasi identica all’originale,ma alcune differenze hanno portato l’artista al suicidio. Il suo tronco di marmo non poteva crescere, e quello che lui ha creato in dodici anni, in natura è cresciuto in un anno. Lo scultore non ha retto il confronto e forse per invidia, si è impiccato ad un albero di mele.
Se non capite il senso chiedetelo a Icaro, lui saprà spiegarvi tutto; anche Picasso e Galilei lo sapevano bene che tutto quello che vedevano era traducibile in altro modo. Sapevano che il linguaggio dei nostri cinque sensi non bastava per spiegare e capire il mondo.
Cantavano cicale e rane, la notte prima dell’incendio. Il signor Einstein a provato a tradurre il canto in cifre e lettere, ma non è la stessa cosa, nel risentirlo si percepisce un ritorno in cuffia.
Ho osservato il giovane Vinicio pescare le carpe sul fiume. Viziava i pesci imbastendo tavolate di granturco, poi li tradiva nascondendo l’amo
tra i suoi generosi doni.
Un giorno mi trovavo con degli amici al mare , davanti un alto strapiombo e poi il blu… uno dei miei compagni proponeva di lanciarci a turno, senza minimamente pensare ai pericoli, come le eventuali rocce nascoste appena sott’acqua . Forse lui conosceva bene il fondale del posto ma comunque non ha voluto lanciarsi per primo. Ha provato prima a convincere me. Mi ha detto: < se non ti butti allora sei un codardo, dov’è il tuo coraggio?>. Ho ascoltato il suo rimprovero in silenzio, dopo qualche respiro ho risposto:< adesso ci vuole più coraggio a non lanciarsi >.Per un motivo tutto suo,forse tribale, forse servile nei miei confronti..non si è più tuffato.
Un giorno stavo seduto davanti al focolare, guardavo come la legna
diventava luce, la luce più bella che c’è. Sentivo il calore sulle braccia e continuavo a fissare un punto imprecisato della fiamma.ho creduto di voler vivere così… e sempre così…. il resto dei miei giorni.
Ma in quel momento mi è arrivata la notizia che mio nonno era morto.
Ho provato per qualche secondo a guardare il fuoco, ma le lacrime lo coprivano, il calore sulle braccia non lo sentivo più..sentivo invece un grande dolore al petto e lo sentito per i giorni successivi..fino a che non ho accompagnato mio nonno tra i cipressi, tra orchidee e gente senza il berretto. Sono tornato a casa e di nuovo mi sono seduto davanti al cammino..ho pensato di voler vivere cosi il resto dei miei giorni..a fissare un punto imprecisato della fiamma.
Vivere in uno stato di rabbia in potenza, come quella di un vulcano momentaneamente assopito, un’ onda prima di infrangersi sul bagnasciuga, un masso in bilico su un burrone. La mia è la rabbia del recluso in un carcere di massima sicurezza. La mia cella ha i muri ovattati di bianco, chiari come le nuvole…..le libere nuvole. La mia è la claustrofobia del gatto in lavatrice, dell’asmatico in cassaforte. La mia è la solitudine nostalgica dei criceti e dei pappagalli.
Non credetemi mai alla lettera, perché posso usare certi termini solo per essere a voi comprensibile. Uso queste immagini così che possiate trovarvi di fronte ai vostri pensieri , ai vostri giudizi, alle vostre critiche. Sappiate allora che sono anche libero come una nuvola. Libero come il vento. Libero come i pappagalli in una foresta tropicale. Vivo in quello che voi chiamate etere, la quintessenza per gli ermetici, la montagna sacra per gli orientali.
Quando un fuoco non curato si va a spegnere ..voi vedrete solo cenere e pezzi neri di tronco…non penserete di guardare sotto la cenere . li potrebbe nascondersi un pezzo di brace che avreste potuto utilizzare per riaccendere il fuoco. Per comprendere questo tipo di spirito è necessario aver perso ogni sapere, essere vuoti nel non senso. Essere pronti a cogliere l’attimo..proprio come in quel vostro film “l’attimo fuggente”. Bisognerebbe osservare il “panta rei” come fosse un film, e poter premere il pulsante del fermo immagine al momento giusto.
Molti hanno i riflessi troppo lenti per riuscirci, perché si ostinano a ragionare sul niente. Non vedono che anche un buco è pieno anche lui..pieno di vuoto. Considerando il vuoto come inutile commetteranno l’errore più grosso.
Ma questo non è che uno sbiadito riflesso su una perlina di plastica.
Non è che un debole riverbero distorto del botto di un Raudi. |
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