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Pubblicata il: giugno 13, 2013 |
Da: Redazione
Categoria: Racconti inediti e/o celebri | Totali visite: 1383 | Valorazione
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Redazione
Sono Manuel figlio di Felice, contento di portar avanti il lavoro di mio padre.
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Fu
in quel periodo che cominciai a dare lezioni private di pittura.
Dapprima le lezioni si tennero nel mio piccolo appartamento ma presto
trovai una sistemazione più adeguata
"Lezioni di pittura… Interessante!", furono le parole di Eva quando
glielo dissi. Non riusciva a trattenere il suo entusiasmo alla novità. E
poi: "Allora, immagino che tu abbia già trovato qualche allievo… o
allieva…".
"Per il momento tre ragazzi", risposi. "Più precisamente due femmine e un maschio, per soddisfare la tua curiosità".
"Ah", commentò laconica, facendo poi schioccare la lingua. Due settimane
dopo si convinse che era meglio che sfruttassi per questo lavoro il suo
appartamento. "Sai", mi spiegò con aria importante, "sono perfettamente
convinta che per fare il tuo mestiere occorra molta luce e il tuo
appartamento è un po' buio. Il mio sarebbe, viceversa, perfetto. Fra
l'altro, essendo anche più spazioso, tu e i tuoi allievi stareste
sicuramente più comodi. La comodità favorisce la concentrazione e quindi
l'apprendimento, no? E poi, potresti fermarti da me… Io sarei, senza
dubbio, più vicina all'ufficio.
"Ne sei sicura? Dovresti far sparire quei centomila soprammobili di cristallo che infestano casa tua!", la stuzzicai.
"Per questo non c'è alcun problema. Solo che… Il pavimento dovrà essere
sempre pulito al mio rientro. E poi pensavo: mi piacerebbe tinteggiare
le pareti con un colore un po' più vivace di quello attuale. Potresti
farlo tu, no? Non pensare che con ciò io ti stia chiedendo di
trasferirti da me… anche se la cosa sarebbe vantaggiosa sotto alcuni
punti di vista, come ad esempio quello non trascurabile di risparmiare
su un affitto".
Il ragionamento non faceva una piega. Eppure non mi sembrava il momento
più appropriato per una convivenza, anche se la situazione attuale tanto
già le somigliava! Mi limitai a guardarla negli occhi, regalandole il
sorriso più smagliante che trovai.
"Potresti portarti via", continuò raggiante, "la locomotiva che c'è di
là… mi è sempre piaciuta", e indicò la camera. Poi: "A proposito,
tesoro, ho voglia di… vedere la locomotiva!". Ciò dicendo mi si sedette
in grembo spingendo verso il mio volto l'apertura della camicetta che
lasciava intravedere i seni caldi.
"Le lezioni, da ora in poi, si terranno in questo soleggiato e arioso
appartamento. Al proposito dobbiamo ringraziare la signorina Farinelli,
che è stata tanto gentile da concederci una simile opportunità.
Sicuramente ne trarremo beneficio: potremo fermarci a dipingere un po'
di tempo in più, potremo meglio studiare gli accostamenti cromatici e le
sfumature di colore, potremo, infine, osservare con maggior attenzione i
dipinti. Ricordatevi, comunque, una cosa: la tecnica conta ma non
quanto l'Idea, l'ispirazione che guida in primis la Mente e poi, quale
conseguenza necessaria, la nostra mano. Presto sarete in grado -ne sono
convinto, scorgo in voi una buona dose di talento- di superare tutta la
teoria, addirittura sovvertirla, a patto che l'abbiate fatta vostra.
Impregnarsi dell'ordine delle cose per rovesciarlo: è il primo
comandamento. Chiara, Claudio, Silvia, forse le mie parole vi saranno
difficili da comprendere ma -non dubito- poco per volta capirete. Per
oggi ho pensato ad una sorpresa, dovrebbe esser qui da un momento
all'altro", e guardai l'orologio che campeggiava sulla parete di fianco
al crocifisso. Mi spostai quindi verso la finestra ed allora vidi
arrivare, con qualche minuto di ritardo, Sabrina. "Ah, eccola che
arriva!", esclamai mentre la curiosità si faceva sempre più acuta negli
occhi dei miei tre studenti.
"Ragazzi, questa è la signorina Sabrina", dissi quando la mia ospite si
fu accomodata sulla poltrona che avevo collocato proprio di fronte a
loro. La luce le arrivava alle spalle, restituendo caratteristici
riflessi ramati ai suoi lunghissimi capelli.
"Sabrina, loro sono: Chiara, Claudio e Silvia" e, detto ciò, notai
un'espressione vivace nei suoi occhi verdi. "Ragazzi" -aggiunsi, com'è
d'uso nelle presentazioni- "ecco Sabrina, la nostra sorpresa! Lei ci
aiuterà a trovare l'Idea di cui vi ho parlato poc'anzi. È una giovane
studentessa della facoltà di giurisprudenza cui ho prospettato, proprio
tre giorni fa, questa cosa, per lei del tutto nuova. Quando le ho
avanzato la mia proposta è rimasta… come dire, incuriosita. E, dopo
avermi chiesto un paio di giorni per rifletterci, proprio ieri mi ha
risposto che accettava volentieri". Gettai un'occhiata divertita a
Sabrina, la quale annuì col capo.
"Ora vi chiedo una cosa sola: tacere e osservare. Ascoltare il silenzio.
Scomporre suoni, forme, colori e associarli ad altri suoni, ad altre
forme, ad altri colori. In poche parole, non dovete far altro che
tradurre le vostre sensazioni in sensazioni nuove. Sì, si tratta di
trasfigurare le emozioni. Quanto udite può sembrarvi, ora, un tantino
bizzarro, lo so. D'altro canto, si tratta di un piccolo, insignificante
sforzo".
Quindi, dietro mia indicazione, afferrarono la matita e cominciarono a
descrivere sul foglio bianco, a parole, tutte le idee che venivano loro
in mente in quel momento. Fino a quando la voglia di impugnare il
pennello e i tubetti di tempera si fece tanto opprimente nei loro animi
da lasciarli smarriti, in preda ad una smania insoddisfatta.
"Con Sabrina ci vediamo domani e, allora, la conosceremo meglio", conclusi congedandoli.
Eva tornò molto prima di quanto io mi aspettassi. Aveva radunato
frettolosamente tutta la cristalleria nella camera, come promesso, ed
ora sembrava intenta a scrutare il pavimento, in un evidente
atteggiamento di canzonatura.
"Oh, neanche una macchia! Direi che hai pulito bene… Solo un po' di
polvere sul mobile. Saresti un buon domestico". Rise. "Ho trovato il
colore giusto per le pareti. Cosa ne pensi?" e nel dirlo estrasse dalla
tasca un pezzo di cartone con una serie di tinte differenti. "Questo
lilla, non troppo intenso, dici che andrà bene? Il pittore sei tu, a te
spetta l'ultima parola".
Quando cominciava a seguire i suoi ragionamenti, interromperla era
davvero un'impresa. L'avevo ormai imparato a mie spese e mi ero adeguato
ben volentieri. Nel fondo del suo animo, aveva anche lei una fiamma che
avvampava impetuosamente. Ognuno, d'altra parte, possiede un personale
modo di "bruciare".
"Ehi, non stai correndo troppo con la storia della tinteggiatura?", la
apostrofai. "Cos'è mai quest'improvvisa, incontrollata voglia di
rinnovamento?"
Fece una strana smorfia, nel modo in cui era solita scacciare un pensiero spiacevole. Mi nascondeva qualcosa?
"Com'è andata la prima lezione nella mia sontuosa dimora?", si informò
curiosa. "Presumo che la mia idea si stata brillante", proseguì.
Beh, certo non avrei potuto darle torto. "Sei stata molto gentile.
Grazie tante…", dissi. E poi: "ancora qualche minuto e la cena è pronta.
Come puoi vedere, c'è sul tavolo quel vino che tanto ti piace".
"Un perfetto domestico, sì, non c'è dubbio", ripeté cercando con gli occhi la mia reazione.
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